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Il tango è un ballo amato, conosciuto e diffuso in ogni parte del mondo, divenuto attraverso i decenni non solo un’icona di stile, carattere e sensualità ma addirittura la danza per antonomasia dell’attrazione, del desiderio e del corteggiamento. Nonostante questo enorme successo, però, la sua storia è tutt’altro che semplice e trae linfa dai pittoreschi e cosmopoliti quartieri popolari delle città Argentine della fine dell’800.
Come la stragrande maggioranza delle trame musicali, delle danze e delle leggende, il tango nasce infatti da una ricca e complessa alchimia di derivazioni popolari e culturali differenti, che hanno saputo congiungersi nel momento giusto e nel contesto giusto per poter fiorire, regalandoci così uno dei balli più amati ed apprezzati al mondo.
Cronologicamente, la nascita del tango può esser fatta risalire alla seconda metà dell’800. Il luogo sono i sobborghi di Buenos Aires, capitale argentina che già allora brulicava di vita, affollata da migliaia a migliaia di persone immigrate da ogni parte del mondo, in cerca di successo, fama e fortuna. L’origine di questo particolare tipo di musicalità, destinato poi ad un così illustre futuro di diffusione ed apprezzamento, è sincretica, ovverosia basata sulla contaminazione reciproca e continua di tre grandi tradizioni culturali, quella sudamericana, quella africana e quella europea.
Se infatti la rivoluzione industriale, gli sconvolgimenti politici e i fervori rivoluzionari infiammarono il mondo europeo ed occidentale nel diciannovesimo secolo, rendendo la relativa immigrazione un diffondersi di personalità, idee e spunti destinati ad accendere i luoghi in cui esse attecchivano, il Sudamerica era densamente popolato anche da persone di origine africana, discendenti degli schiavi deportati per secoli e secoli.
Così come nei caraibi o in Brasile, l’incontro ed il retaggio di tante culture parimenti ricche e dettagliate apporta elementi di novità e di singolarità tali da rendere possibile l’espressione umana a livelli esponenzialmente più grandi di quando non accadrebbe in un ambiente culturalmente omogeneo. Dall’incontro e dalla reciproca contaminazione di questi tre bagagli culturali inizia ad affiorare dapprima uno stile musicale fluido, popolare e persino ammantato da un alone di mistero.
Figlio degli ambienti più popolari, dei locali aperti fino a tarda sera, dove le persone di ogni parte del mondo si siedono e cercano riposo e tregua dalle fatiche della vita e della propria condizione, i musicisti – come accadrà decenni dopo con il jazz – iniziano a porre le basi e a definire i caratteri di questa nuova musica perlopiù improvvisando, come a teatro, su dei canovacci, delle partiture standard, su cui poi inserirsi con chitarra, flauto, mandolino e clarinetto.
L’incedere grave e felino caratteristico del tengo dei giorni nostri si deve al subentrare del bandoneon, una specie di fisarmonica che fece presto la sua comparsa tra i suonatori che si esibivano in questi locali, dove la gente inizia ben presto non più solo a riunirsi per bere un bicchiere e liberarsi degli affanni, ma sempre più per ascoltare e danzare su questo nuovo ritmo.
La diffusione e le diaspore culturali non sono però mai a senso unico. Anche se in misura talora minore, le culture, le arti e i pensieri si diffondono sempre con fluidità reciproca. Ed è proprio così che questo nuovo “sound”, nato dall’incontro di tanti retaggi culturali differenti, attecchisce nel vecchio continente, trovando terreno idealmente fertile alla propria crescita e ponendo così le basi per quella che nel giro di pochi anni sarebbe diventata una diffusione tanto capillare quanto duratura nel tempo.
Sul finire dell’800, infatti, il tango sbarca in Europa, in quella che allora era la fucina e la culla delle arti, della poesia e della musica, Parigi. La Francia, pur in piena restaurazione e ben lontana dalla vivacità rivoluzionaria, giacobina prima e comunarda poi, è e rimane infatti la metà di giovani, artisti ed intellettuali, provenienti da tutta Europa e da tutto il mondo, ed è un brulicare di salotti dove la borghesia e l’élite culturale del tempo intessono rapporti e conoscenze.
È l’epoca d’oro del cabaret, dell’avanspettacolo e dell’intrattenimento che da popolare divenne poi massificato nel giro di pochi decenni. Qui il tango trova un terreno ideale, riscuotendo da subito un enorme successo tra il pubblico. Nonostante questo abbia implicato un fisiologico allontanamento dalla matrice originale e dai contesti in cui si era sviluppato, a Parigi il tango diviene un fenomeno di costume per tutta la borghesia europea, gettando così le basi per una sua diffusione su scala mondiale.
La diffusione della cultura e delle arti viene bruscamente interrotta dallo scoppio della prima guerra mondiale. Ciò nonostante, le basi sono già solide e forti e il successo del tango è ormai inarrestabile. Il clima assetato di novità, di stimoli e di modi per stare insieme del primo dopoguerra fornisce a questa danza un’ulteriore spinta, che lo porta sia a consolidarsi in tutta Europa, sia d’altro canto a rivalicare l’oceano per approdare stavolta nella parte settentrionale del continente americano.
Gli Stati Uniti degli anni ’20 e ’30 ribollono di decine di culture diverse che, convivendo, si contaminano incessantemente tra loro, brulicano di locali dove le persone di ogni estrazione vogliono ballare e divertirsi. Anche nell’era del proibizionismo, gli speak-easy, ovvero i locali semiclandestini in cui venivano serviti alcolici sottobanco, venivano spesso e volentieri affollati da giovani desiderosi di potersi fronteggiare cullati dalle ritmiche sensuali e sincopate di questa danza tanto unica quanto travolgente.
Non solo. La prima metà del novecento segnerà la prima sfolgorante epoca d’oro del cinema, l’ultima nobile arte che aveva iniziato a diffondersi da meno di cinquant’anni. Con essa, la prima grande epoca d’oro di Hollywood, una fabbrica di sogni, immagini e visioni che avrebbe condizionato indelebilmente la società umana dei decenni a seguire, creando icone, simboli paradigmi e regole ormai parte integrante dell’immaginario collettivo.
È anche merito della diffusione, capillare e socialmente trasversale, e dell’enorme impatto che la comunicazione cinematografica ha avuto sull’immaginario e sull’estetica se il tango è stato consacrato e scolpito nel tempo come sinonimo di sensualità e focoso romanticismo. Le sequenze languide e fumose impresse nelle pellicole in bianco e nero fanno il giro del mondo, valicano oceani e montagne, raggiungono ogni angolo del mondo e in brevissimo tempo chiunque arriva ad associare irrimediabilmente il tango alla sinuosa attrazione tra due amanti.
La seconda metà del novecento non è contraddistinta tuttavia solamente dalla definitiva consacrazione del tango su scala internazionale. Quella che era nata come una musica essenzialmente figlia dell’improvvisazione, infatti, si canonizza, declinandosi in ballo, canto e musica. Introietta in sé la raffinatezza ereditata dai decenni di successo europeo, consolida l’assetto strumentale più classico basato su due bandoneones, due violini, il piano ed un contrabbasso, si assesta su ritmi sincopati ma più lenti, agevolandone la ballabilità.
Ben lungi dall’adagiarsi nella stagnazione culturale, tuttavia, il tango si conferma sempre come una materia plastica, duttile e malleabile, capace quindi di attecchire, arricchire ed arricchirsi in ogni epoca e in ogni contesto culturale. Se infatti sotto il profilo musicale il tango conosce una seconda giovinezza grazie alla sperimentazione musicale di molti grandi artisti suoi estimatori e alle ibridazioni con il jazz o la bossanova, grazie al ritorno della democrazia nella sua terra natale, l’Argentina, il tango è stato riscoperto e valorizzato grazie alla sua grande valenza socio-culturale, simbolo di un paese fondato sulla multiculturalità.
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